L’obiettivo serve per consentire alla luce di arrivare al sensore o alla pellicola della fotocamera. Grazie all’obiettivo il fotografo controlla diverse variabili fondamentali per ottenere l’immagine che desidera. Messa a fuoco, quantità di luce (per mezzo del diaframma), lunghezza focale e in alcuni casi la stabilizzazione anti-vibrazione sono ciò che possiamo regolare grazie ai comandi disponibili sugli obiettivi.
Ogni casa produttrice mette a disposizione un grande varietà di ottiche (così spesso i fotografi esperti chiamano gli obiettivi). Non solo i produttori di fotocamere, ma anche aziende specializzate arricchiscono di continuo il loro catalogo con nuovi prodotti. Orientarsi è quindi sempre piuttosto difficile e per prima cosa è importante saper distinguere le varie tipologie di obiettivi per capirne l’utilità e il livello qualitativo.
Come si classificano gli obiettivi
Non esiste un criterio unico per raggruppare gli obiettivi in famiglie, ma certamente il più importante è la lunghezza focale. Questo dato definisce la distanza, espressa in millimetri, che intercorre tra la lente principale e il piano focale, ovvero il sensore della macchina. In base alla lunghezza focale si può desumere l’angolo di ripresa, il quale, a sua volta ci fa capire quale impiego ha l’ottica. Prima di procedere sono necessarie un paio di precisazioni. La lunghezza effettiva dell’obiettivo, ovvero misurata con una riga, potrebbe non coincidere esattamente con quella indicata sull’obiettivo stesso come lunghezza focale. Questo dipende dal fatto che lo schema ottico può modificare allungando o accorciando artificialmente il tragitto della luce e quindi dare origine a differenze anche significative tra lunghezza focale dichiarata ed lunghezza del barilotto dell’obiettivo. Altra precisazione è che ogni obiettivo è normalmente progettato per un sensore o una pellicola di una certa dimensione. Più avanti verranno forniti esempi e indicazioni che si riferiscono all’uso di macchine DSRL (Digital Single Lens Reflex) full-frame, ovvero con il sensore che abbia la stessa dimensione delle vecchie pellicole 24x36mm. Vista la grande diffusione in passato di questo formato è consuetudine utilizzare questo come base di riferimento per tutti i formati.
Per memorizzare come la lunghezza focale incide sull’angolo di ripresa vi propongo un giochetto mentale. Immaginate di avere un elastico legato a due bastoncini disposti in verticale. Immaginate una linea tra i due bastoncini. Tirate l’elastico a partire dal centro e staccatevi dalla linea tra i due bastoncini. In questa metafora la linea immaginaria è il piano della lente principale dell’obiettivo, il vostro dito è il piano focale (ovvero la posizione in cui si forma l’immagine e quindi il sensore), la distanza tra la linea e il vostro dito è la lunghezza focale e l’angolo che forma l’elastico è l’angolo di ripresa. Ecco fatto! Ora avete le basi geometriche per capire che più tirate (ovvero più è lungo l’obiettivo) minore sarà l’angolo di ripresa. E vice versa.
Le focali più corte, i grandangolari
Dicevamo… La lunghezza focale di un obiettivo ne determina l’angolo di ripresa. Quindi, più è corto un obiettivo (minore è la sua lunghezza focale), maggiore è l’angolo di ripresa. Le focali più corte, infatti, sono dette grandangoli: grandi angoli. Per convenzione si fanno rientrare in questa categoria le ottiche di lunghezza inferiore a 35mm. Tra i grandangoli trovano posto anche due sotto-famiglie con caratteristiche particolari: i super-grandangoli (con lunghezze focali inferiori a 20mm) e i fish-eye. Questi ultimi sono obiettivi che hanno angoli di ripresa fino a 180°, privi di correzione geometrica, che producono caratteristiche immagini tondeggianti, ad occhio di pesce appunto. Alcuni modelli di questo tipo sono talmente corti (fino a 6/8mm) tanto da non arrivare nemmeno a coprire tutto il fotogramma. Per questa ragione l’immagine che si ottiene è circolare con il nero ai bordi.
I normali, la normalità per i fotografi più tosti
Le ottiche con lunghezza focale compresa tra 35 e 60mm si definiscono normali perché hanno un angolo di ripresa tale da produrre una geometria simile alla visione umana. Creare immagini interessanti con questi obiettivi è più difficile che con altri perché non si può contare sull’effetto sorpresa, su qualcosa di insolito dal punto di vista tecnico. Usare bene un normale è un compito difficile anche per un fotografo esperto. Iniziare a fotografare con un classico 50mm è un esercizio che ogni aspirante fotografo dovrebbe sperimentare.
I teleobiettivi, prendiamo le distanze dal soggetto!
Quando il soggetto è lontano e vogliamo che comunque occupi buona parte del nostro fotogramma occorrerà un obiettivo con un ridotto angolo di ripresa. Con lunghezze focali oltre i 70mm la famiglia dei teleobiettivi permette di svolgere questo compito. Così come per i grandangoli è giusto differenziare alcune sotto-famiglie. Le focali comprese tra 70 e 90mm sono talvolta definite primi tele. La focale 85mm è particolarmente apprezzata per i ritratti. Per la stessa applicazione si utilizzano anche, o in alternativa, due ottiche tele propriamente dette, il 105 e il 135mm. A partire dai 150, fino ai 200 mm si parla di medio tele con applicazioni di vario tipo che possono iniziare ad includere la fotografia naturalistica e la fotografia sportiva. Oltre i 200mm si trovano i super-tele, ottiche di grande qualità che di solito sono alla portata solo di professionisti e appassionati facoltosi. Questi obiettivi sono specializzati in tutti quei tipi di ripresa che richiedono al tempo stesso grande luminosità e una notevole distanza dal soggetto.
Focali fisse e zoom
Parlando di lunghezza focale è importante sapere che esistono sia obiettivi a focale fissa, cioè che dispongono di un’unica impostazione della lunghezza (ad esempio 35mm, 50mm, 200mm, dcc.) che obiettivi zoom, ovvero a focale variabile (ad esempio 14-24mm, 70-210mm, 18/200mm). Verrebbe da chiedersi chi mai comprerebbe tanti obiettivi a focale fissa anziché un solo zoom. Se pensate che uno zoom sia più costoso vi posso assicurare che è l’esatto contrario. Il fatto è che lo zoom ha quasi sempre due gravi handicap: è normalmente meno luminoso di una focale fissa e ha una resa qualitativa inferiore (in alcuni casi, notevolmente inferiore). Gli zoom hanno tuttavia il pregio di essere compatti e sostituire, a patto di accettarne i limiti qualitativi, più ottiche fisse.