Agosto 2011. Prima della partenza ci uniscono l’amore per la montagna e la natura, la curiosità, la voglia di mettersi alla prova. Ognuno di noi, però, affronta questo viaggio con le proprie motivazioni, ci sono addirittura Morena e Manuel che hanno scelto questo come loro viaggio di nozze. Al ritorno, dopo centinaia di chilometri di cammino, migliaia di metri di ascensione e tante partite a briscola, ci sarà ben altro ad unirci…
Che non sarà una vacanza di tutto riposo lo capiamo fin dalla partenza: il volo da Bologna all’alba e l’imminente esodo agostano consigliano di partire da Parma alle due di notte, con arrivo a Lima (via Amsterdam) previsto dopo ben 23 ore. Giunti in serata nella capitale peruviana, abbiamo il giorno seguente a disposizione per visitare la città. Optiamo per un giro in battello alla scoperta di alcune isole poche miglia al largo, popolate da leoni marini, pinguini e numerose specie di uccelli acquatici.
Il pomeriggio invece è dedicato ad una breve visita del centro storico e ad un primo approccio con i fondamentali della gastronomia peruviana: una monumentale porzione di pollo e patate fritte e il pisco, un distillato con cui si prepara l’ottimo ma micidiale pisco sour, a cui bastano un paio di “giri” per tagliarci le gambe.
La sera partiamo con un comodo pullman di linea, che in una notte di viaggio ci porta ai 2750 metri di Marcarà, dove si trova il centro Renato Casarotto, sede di “Don Bosco 6000” e base logistica del nostro trekking. La nostra destinazione è la Cordillera Huayhuash, gruppo montuoso nel cuore delle Ande la cui cima più famosa è il Siula Grande, teatro della vicenda dello scalatore Joe Simpson narrata nel film “la morte sospesa”.
Dopo una breve escursione di acclimatamento a Honcopampa, piccolo sito funerario della cultura preincaica Huari, un lungo viaggio in pullmino, per buona parte su strade sterrate scavate nelle pendici delle montagne e senza ombra di guard rail, ci porta finalmente alla partenza del trekking. Durante il tragitto attraversiamo alcuni villaggi di campesinos, fatti per lo più di case costruite con mattoni di argilla cotta al sole, nei quali non mancano mai scuole e campi sportivi, segno che, pur nella sua povertà, il Perù investe nel futuro dei numerosissimi bambini e ragazzi.
La Cordillera Huayhuash è una catena montuosa delle Ande del Perù. È situata al confine tra 2 regioni che sono la Regione di Ancash e la Regione di Huánuco. Sei picchi superano i 6000 metri, tra cui la seconda vetta più alta del Perù, l’Yerupaja e il Siula Grande. La Cordillera è uno degli ecosistemi più fragili del Perù, ma fortunatamente è ancora intatto. Fortunatamente l’isolamento che ha subito per decenni ha fatto si che non subisse i problemi del saccheggio che hanno avuto le altre Cordillere. Ma recentemente il suo isolamento sta diminuendo sempre più, grazie alla costruzione di nuove strade e l’aumento dell’affluenza turistica.
La Cordillera è considerata uno dei luoghi più belli e incontaminati del mondo, grazie alla sua estrema inaccessibilità. Per attraversarla tutta quanta bisogna camminare 180 km in un’altitudine di 4300 metri, ma a differenza del cugino, Cordillera Blanca ha un minor afflusso turistico.
Le cime, quasi tutte oltre i seimila metri, sono ricoperte da ghiacciai che non assomigliano a quelli delle Alpi o dell’Himalaya, incuneati in una conca o in una fessura nel corpo della montagna. Sulle Ande i ghiacciai sono modellati in verticalità che paiono impossibili. Grazie al vento e alle temperature polari che nel tempo incrostano le pareti delle montagne, il ghiaccio aderisce anche su pendenze verticali alle quali sembra appeso, e spesso ricopre anche la vetta assumendo la forma di enormi funghi.
Giorno dopo giorno la difficoltà del trekking aumenta. Già al terzo giorno affrontiamo il primo passo a quota 5.000. I dislivelli quotidiani aumentano, le quote massime aumentano, il nostro fisico non si è ancora del tutto adattato a queste condizioni. I nostri passi sono pesanti, ogni metro in veticale è una conquista. Quando dopo una ripida salita raggiungiamo il passo di San Antonio quasi ci dimentichiamo di complimentarci l’un l’altro per quello che per tutti è ufficialmente il primo “cinquemila”. Ad accoglierci sul passo un vento tagliente sembra ammonire la nostra superbia e per qualche minuto ci impedisce di fotografare, di proseguire o di mangiare. Quando il vento cessa possiamo rivolgere lo sguardo oltre il passo e per una volta ci manca il fiato, ma non per la quota elevata.
A queste quote il fisico umano è in difficoltà. Soprattutto per chi vive quasi al livello del mare, a 5.000 m, ma anche a quote inferiori, si verificano scompensi che possono anhe portare a conseguenze gravi. Siamo pronti ad affrontare i guai peggiori che sono l’edema polmonare e l’edema cerebrale o mal di montagna acuto. Si sa che può verificarsi anche a partire da 3.500 m e sono ben noti molti casi occorsi al campo base dell’Everest che si trova più o meno alla stessa altitudine. La pressione atmosferica è vicina ai 650 millibar, e la concentrazione di ossigeno si riduce notevolmente con l’aumentare della quota. L’ossigenzaione del sangue in queste condizioni è resa più difficile e per evitare i sintomi meno gravi del mal di montagna prendiamo alcuni farmaci diuretici e le foglie di coca che i locali consigliano per lo scopo.